Intorno all’anno mille i monaci benedettini e cistercensi bonificarono i terreni paludosi della pianura padana utilizzando molte vacche per il lavoro dei campi e per il traino degli aratri. Molto ricca e copiosa era la produzione di latte al punto che i monaci studiarono un metodo per trasformare il latte, alimento deperibile, in un formaggio di grandi dimensioni, in grado di conservarsi nel tempo, che li avrebbe aiutati a superare i periodo invernali, dove le vacche cessavano la produzione, ed i periodi di carestie.
Adottarono quindi la tecnica di produzione del formaggio alle grandi caldaie, dove avveniva, come oggi, la coagulazione del latte, la frantumazione in granuli e la cottura. I monaci svilupparono la produzione nelle “grancie” (le fattorie) dell’abbazia di Parma, nei territori della valle tra Parma e Reggio Emilia, adatti per le risorse del terreno, estendendo poi la produzione alle province limitrofe.